lunedì 18 maggio 2009

Nota sul paradiso

Di primo acchito, mi è venuto di parlare del paradiso.
Sì, proprio quello a cui state pensando tutti, quel luogo di favola dove il leone bruca con la gazzella e Berlusconi fa la pace con Franceschini (adesso, però, vanno sempre a mangiare insieme al ristorante “I due ladroni”).
Il mio paradiso, devo ammettere che l’ ho già avuto in questa vita, una vita piena e meravigliosa, dove ho avuto il privilegio di incontrare persone intelligenti, di conoscere un saggio a cui devo quello che sono, una vita con pochi e trascurabili rimpianti che scompaiono del tutto al confronto di quello che ho visto e conosciuto nel corso dei miei primi 55 anni (ora che sapete la mia età dovrò uccidervi).
Riconosco di essere molto fortunato, anche se, a volte,(purtroppo molto più spesso di quanto avessi voluto) sono stato in contatto con imbecilli che pensavano tanto alla loro faccia e troppo poco alla loro stupidità.
Fortunato, dicevo, fortunato perché ho avuto donne intelligenti e belle, compagni e amici con cui parlare e ridere, il silenzio e la solitudine in cui meditare, maestri saggi le cui parole hanno forgiato la mia mente e indicato la strada giusta da seguire, la morte che mi è sempre stata accanto ma mai con troppa invadenza, discreta compagna di molte notti insonni e la vita, che mi ha regalato le più belle immagini che esistano nell’ universo: un cucciolo d’ uomo, un tramonto infuocato, un arcobaleno completo, un mare cristallo, un ghiacciaio abbagliante, una trota combattiva.
Nessuno può promettermi qualcosa di meglio, perché non esiste, in nessun mondo, qualcosa di meglio.
Quando vedo persone affannarsi per conquistare un pezzo di terra in cui scavare la loro tomba e ad accumulare ricchezze per riempirla, e per fare questo trascurano le migliori emozioni, mi viene da piangere per loro, vorrei dirgli quanto tempo prezioso stanno sprecando, dirgli che la più grande ricchezza è la saggezza, perché sola sopravvivrà a noi, ma poi, quando tento di parlare, c’ è sempre qualcosa che mi ferma, che mi obbliga a passare oltre, una sorta di pudore misto al dubbio: “che diritto ho, io, di dirgli che è stupido? che diritto ho di insegnare, io che ho tutto da imparare?

Nessun commento: